Prepotenti e impuniti by Stefano Zurlo

Prepotenti e impuniti by Stefano Zurlo

autore:Stefano Zurlo [Zurlo, Stefano]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Piemme
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


La legge è inapplicabile

Sì, la legge è inapplicabile. La legge è un metronomo ma il ritmo che detta è assolutamente fuori dalla realtà. L’articolo 415 del codice di procedura civile – quello che viene subito dopo il 414 di cui abbiamo appena parlato – specifica che «tra il giorno del deposito del ricorso e l’udienza di discussione non devono decorrere più di 60 giorni»: 60 giorni per smuovere la pratica. Per farla vivere. Per entrare nel vivo.

Certo, una legge può indicare i numeri che vuole. Il problema, per chi è sul campo, è riuscire a rispettarli.

Alla sezione lavoro del tribunale di Roma la foto di gruppo, scattata nel 2000, mostra le facce di otto magistrati fuorilegge. Otto magistrati che i 60 giorni non sanno neanche cosa siano e soprattutto li hanno fatti dimenticare agli avvocati e ai cittadini che si rivolgono a loro. Esagerazioni?

Purtroppo no. Gli otto finiscono in blocco sotto procedimento disciplinare. Un record. E un De profundis per la giustizia italiana. Che deve misurarsi con numeri spaventosi. Da terzo mondo. Ecco il caso di Valeria V. L’accusa si ferma sul numero delle dita che stanno su una mano, sempre all’imperfetto come usa in questi procedimenti: «Indicava termini estremamente lunghi anche oltre i 5 anni». Come il suo collega Bernardo L.: «Indicava termini estremamente lunghi anche oltre i 5 anni». Un’incolpazione fotocopia della precedente: 5 anni e più quando la norma pone un limite invalicabile a 60 giorni. Per altre cinque toghe si parla di «termini estremamente lunghi anche di quattro anni». Per l’ottavo magistrato, infine, non si danno riferimenti precisi, ma la consolazione è magra. Si tratta comunque di «termini estremamente lunghi». Anni e anni per affrontare licenziamenti, trasferimenti, dequalificazioni, cause previdenziali.

Una situazione drammatica, ma anche farsesca perché nel marzo 2000 il presidente del tribunale di Roma emana una circolare in cui stila un calendario obbligato. Non più di 6 mesi fra il deposito del ricorso e l’udienza di discussione. 6 mesi. Non un giorno di più. Figurarsi.

Ricapitolando, il codice parla di 60 giorni, i vertici del tribunale della capitale allungano il periodo a 6 mesi, la realtà va tutta da un’altra parte. La realtà va verso il disastro. Come conferma paradossalmente la difesa che di fatto si trincera dietro lo sfascio della giustizia. La dottoressa Greta F. infatti pattina agevolmente sul ghiaccio scivolosissimo degli anni: «Con specifico riferimento al periodo compreso fra l’11 gennaio 1999 e l’1 marzo 2000, su un totale complessivo di nuove assegnazioni pari a 2.172 ricorsi, quelli con udienza di discussione fissata fra i 3 e i 4 anni sono stati complessivamente solo 260». 260: le cifre della vergogna.

Incredibile. Com’è incredibile il precedente che viene citato. Ovvero, una sentenza della sezione Disciplinare del 14 giugno ’96 che metteva il dito nella stessa piaga e constatava una situazione devastante: «È da osservare che è stato pacificamente accertato, sulla base di documenti acquisiti, che presso la pretura del lavoro di Roma non è assolutamente possibile osservare il termine di cui all’articolo 415 del codice di



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